La scuola, un luogo per imparare e per socializzare.
Dopo un periodo di frequenza sporadica delle lezioni in presenza, i ragazzi devono trovare di nuovo il modo di vivere la scuola al meglio, sia come luogo di studio, sia come luogo per stare bene con i loro coetanei
Durante il lungo periodo di lockdown che abbiamo vissuto, la scuola era diventata uno spazio prettamente domestico, individuale, in cui i ragazzi si sono ritrovati a dover dimostrare autonomia, indipendenza, autoregolazione e responsabilità. In base alla loro struttura e anche alle loro caratteristiche e bisogni, si sono ritrovati un po’ spaesati, spesso con la tentazione di trasgredire e di mettere in atto una serie di strategie per non partecipare alle lezioni, invocando problemi alla rete o alla telecamera del computer, spesso ispirati dai video che circolavano sui vari social con suggerimenti per bypassare la presenza. I lunghi mesi trascorsi a casa, anche se a periodi alterni, non li ha disabituati solo alla concentrazione, ma anche allo stare in gruppo. Perché la scuola non è solo il luogo dell’apprendimento, ma anche quello di incontro, dove si imparano i comportamenti sociali.
Cosa succede ai ragazzi
In questo momento i più giovani stanno vivendo un cambiamento totale, ritrovandosi di nuovo in uno spazio condiviso, ma ancor più regolamentato, dove la socializzazione non è (o non dovrebbe essere) possibile. “Questo non li aiuta a ritrovare il contatto e la vicinanza, perché la scuola è diventata un luogo dove ai ragazzi viene richiesto di essere macchine atte ad apprendere”, spiega Marta Rizzi, psicologa e psicoterapeuta. “Non solo, ad apprendere anche in modo veloce, perché si vive costantemente con il timore che la situazione torni a peggiorare o che un contagio in classe porti a un nuovo blocco, con tutte le limitazioni della didattica a distanza”.
In una situazione di questo tipo, può anche succede che sia difficile percepire le difficoltà altrui. Per cui gli insegnanti, orientati a dover raggiungere gli obiettivi fissati entro la fine dell’anno scolastico, si focalizzano più sullo studente e meno sulla persona. “Se già prima era difficile riuscire a stare sulle difficoltà del singolo, adesso lo è ancor di più, anche perché è più complicato decodificare la comunicazione non verbale dei ragazzi a causa dell’uso costante della mascherina”, sottolinea l’esperta. “In questa scuola, quindi, oltre a non poter socializzare, i ragazzi rischiano anche di essere trattati come robot che devono solo raggiungere l’obiettivo dato”.
Consigli per i genitori
- “Cerchiamo di creare una sorta di patto di alleanza con gli altri genitori e con gli insegnanti: siamo tutti nella stessa situazione complicata, troviamo il modo di stare in relazione senza colpevolizzarci, criticarci e giudicarci. L’obiettivo comune è che i ragazzi stiano bene anche a scuola, tentiamo il più possibile di limitare critiche e sposare spirito collaborativo”, consiglia Marta Rizzi. Come fare? Provando a confrontarci, anche con altri genitori, per capire se ci sono dei disagi e manifestazioni che magari possono essere condivisi e ricorrenti in una stessa classe e che non sono solo dei nostri figli. Attenzione, ad esempio, a comportamenti alimentari disfunzionali, ansia intensa, attacchi di panico.
- Proviamo a capire quali strategie hanno messo in atto gli altri genitori o se hanno consigli da darci. È indispensabile porsi verso gli altri con un atteggiamento di umiltà e condivisione, senza stare sulla difensiva o, peggio, all’attacco.
- Per favorire lo spirito collaborativo e rendere più agevole la socializzazione, si possono individuare momenti di incontro o di studio tra i ragazzi anche al di fuori della scuola. Dato che a scuola è tutto regolamentato e faticoso, i ragazzi potrebbero avere delle resistenze a fare gruppo con i compagni per il desiderio di non vedere nessuno di quelli che vedo quando sono in classe. “L’obiettivo, invece, è cercare di farli stare bene a scuola, con i loro compagni e dobbiamo tentare di rafforzare queste relazioni, ancora di più se i nostri figli hanno appena iniziato un nuovo ciclo di scuola e le fatiche sono maggiori”, incoraggia Marta Rizzi.
- Studiamo l’effettiva regolamentazione che viene messa in atto dalla scuola per capire quali reazioni emotive e possibili effetti possano esserci sulla sensibilità e sulle caratteristiche uniche dei nostri figli.
- “Adottiamo uno spirito collaborativo anche con i nostri figli, cercando di individuare insieme quali possono essere le modalità per aiutarli a stare in quella situazione nel migliore dei modi o, per lo meno, per poterla tollerare”, conclude la psicologa.
Articolo redatto in collaborazione con Quimamme