È una bolla sicura per il bebè e rasserena i genitori. Che, lasciando il piccolo al nido, non solo lo affidano alle cure di mani esperte, ma gli garantiscono anche un contesto in cui socializzare. Ecco come accompagnare il bambino e gestire le emozioni di tutti.

 

Oggi più che mai, il nido rappresenta il contesto della socialità assoluta per i più piccoli, quello in cui risiedono le più alte aspettative dei genitori che, inevitabilmente, demandano agli educatori e al contesto il compito di far socializzare il loro bambino. Una socializzazione che non è solo gioco e divertimento, ma anche palestra per tutti i valori legati all’integrazione, alla condivisione, allo scambio, all’amicizia, al rispetto. Un luogo in cui il bimbo incontra l’altro, che però non lo ama incondizionatamente come mamma e papà, che deve imparare a conoscere nel tempo e con cui deve scendere a compromessi per trovare una via di incontro.

 

Il nido, la bolla del bebè

Il nido è il contesto in cui, dopo la casa, bimbi e genitori si sentono più tranquilli. Mamma e papà hanno la sensazione che essendo un gruppo chiuso e ristretto possa essere più sicuro, sia perché controllabile e prevedibile per il bimbo, sia perché frequentato da poche persone, tutte tracciabili. Per il bambino è la sua bolla, con pochi compagnetti con cui relazionarsi ed educatori che riescono a rispondere in modo più appropriato ai bisogni dei bambini.

Con un però. Gli educatori si presentano protetti da dispositivi di vario genere, mentre i piccoli sono liberi. “Se questo da un lato aiuta il bambino a cogliere la differenza tra lui e l’altro, importante per la sua crescita, dall’altro potrebbe creare una discrepanza tra senso di sicurezza e pericolo. Il piccolo, che sa di andare in un luogo sicuro perché a portarlo sono mamma e papà, vedendosi accogliere da persone bardate con vari dispositivi (mascherine, visiere, camici) potrebbe pensare di essere lui il pericolo da cui proteggersi”, spiega Marta Rizzi, psicologa e psicoterapeuta. “Senza considerare che, così vestiti, si potrebbe perdere buona parte del calore dell’accoglienza, indispensabile al nido, fatta di contatto, coccole, contenimento fisico e anche emotivo”.

 

Cosa pensa il bambino

L’ansia da separazione, in circostanze come quella attuale, potrebbe essere enfatizzata (“Mamma non lasciarmi”), anche dal vedere la mamma preoccupata (“Non ho ancora gli strumenti dentro di me per gestire le mie emozioni e la tua ansia diventa la mia”).

Quando, invece, il piccolo riesce a staccarsi ed entra nella sua bolla, trova finalmente un momento di interazione con l’altro e si mette totalmente in gioco, non come al parco dove ci sono dei limiti (“Questo è mio, ma può essere anche nostro!). Anche se le mascherine non aiutano: “Perché i grandi hanno tutte quelle cose addosso? Sarò mica pericoloso?”. Ma anche: “È bello stare con qualcuno come me: i grandi hanno le mascherine, ma anche gli altri bimbi come me non le hanno e questo mi rasserena”.

 

Cosa pensano i genitori

L’atteggiamento di mamma e papà è altalenante quando pensano al nido, un po’ di ansia (“Stando a contatto così stretto con altri bambini si prenderà qualcosa?”) ma anche una parziale serenità (“Almeno qui i bambini sono sempre gli stessi”). La consapevolezza di lasciare il figlio con qualcuno in grado di prendersi cura di lui nel migliore dei modi non sempre attenua il senso di colpa che, in questo momento, è accentuato dalla sensazione di non avere gli strumenti per poter valutare bene le situazioni, dall’incertezza generale e dal dubbio: “Sentirà la mia mancanza? Sono una madre pessima ad averlo lasciato”.

 

Come sentirsi tutti meglio

  • Impariamo a dare spazio alle emozioni e aiutiamo i nostri figli a fare lo stesso. Prendiamo l’abitudine di raccontare al bimbo la nostra giornata e le sensazioni che abbiamo provato, in modo che si educhi a una comunicazione emotiva e che, nel tempo, possa imparare a fare altrettanto. “All’inizio si può chiedere agli educatori cosa è successo durante la giornata per creare connessioni mirate e rendere il racconto, inizialmente guidato da noi, sempre più bilaterale”, suggerisce Marta Rizzi. “Aiutiamolo provando a interpretare i suoi stati d’animo per agevolare il rispecchiamento emotivo, facendo però attenzione a non lasciarci condizionare dal nostro sentire, ricordandoci bene che quello che proviamo noi non è quello che prova il nostro bambino”.
  • Ogni mattina, quando arriva il momento dei saluti, cerchiamo di essere calmi e sereni, di lanciare un messaggio chiaro: questo è il luogo sicuro che io ho scelto per te, qui puoi stare senza di me. No alle tensioni e alle preoccupazioni, sì a parole di conforto e di incoraggiamento.
  • I momenti in cui il piccolo fa più fatica a separarsi possono arrivare anche a inserimento più che consolidato. Se succede, proviamo a lasciarlo gradualmente, con l’aiuto degli educatori, riducendo gli orari per un po’ se è possibile, lasciando al nido un pupazzetto che sia un ricordo di casa, ma sempre dicendo la verità ed evitando trucchetti per lasciarlo e sparire all’improvviso. Se capiamo che sono le mascherine degli educatori e le regole del nido a metterlo in difficoltà, spieghiamogli che servono a far sì che quel luogo sia il più protetto possibile, per permettere a lui e ai suoi amici di ritrovarsi lì tutti i giorni al sicuro e non perché lì c’è un pericolo.
  • Negli ultimi tempi c’è una tendenza ad agevolare l’educazione outdoor che può essere di tipo integrato o integrale (rarissimo in Italia) per i numerosi benefici dimostrati: il contatto con la natura stimola e rafforza il sistema immunitario, lo sviluppo dei sensi, la scoperta dei propri limiti e delle proprie capacità attraverso il giro attivo e destrutturato. Momenti preziosi all’aria aperta che, ora, il bimbo fatica a trovare negli spazi esterni comuni, come il parchetto. “Se stiamo ancora selezionando una struttura, in fase di iscrizione proviamo a privilegiare contesti che prevedono anche un’educazione outdoor.
  • Una volta scelto il nido, poi, cerchiamo di essere sicuri della nostra scelta: se abbiamo il dubbio di non riuscire a garantire un tempo di qualità al bebè tenendolo a casa, il nido è la soluzione giusta. Meglio ridimensionare le nostre paure e non limitare il bambino”, conclude la psicologa.